04
aprile 2011

LA CASA DI HOUSTON: PROVE TECNICHE DI MEGALOMANIA

ovvero: come l'immaginario del barone Enrico Di Portanova, rinvigorito dalle sua nuove sostanze, si materializzò nella casa più flamboyant di tutta Houston
Posted by il 04 aprile 2011

Fu soprattutto dopo il matrimonio con Sandra Hovas che Ricky Di Portanova cominciò a sviluppare la sua passione per le dimore stravaganti e ad assaggiare il piacere di spostare sempre più in là il limite del realizzabile: un esercizio vertiginoso e appassionante che gli permise di trasformare la sua dimora al 2115 di River Oaks Boulevard, la più prestigiosa via di Houston, da modesto padiglione di ispirazione francese, in una delle abitazioni più eccentriche e stupefacenti della città. La proprietà era interamente ricoperta di una protezione di vetro per climatizzare i giardini e la piscina ed era decorata da una straordinaria fauna di sculture animalier: sfingi, leopardi, delfini, giaguari…

Paccottiglia americana, ma anche opere appartenute ai re di Francia che non sfigurerebbero in qualche stanza del Louvre. Come quelle che hanno richiamato collezionisti di mezzo mondo alla strabiliante vendita all’incanto avvenuta a New York poco dopo la morte dei baroni, che ha fruttato alla casa d’aste Christie’s ben 4.8 milioni di dollari, a fronte di ben 3 cataloghi (…si, pare fossero proprio 3…) per contenere tutta l’enormità della collezione racchiusa nella casa di River Oaks.

Le stanze della villa erano decorate in un mix di stile Rococo e Luigi XV e tappezzate di dipinti del XVIII secolo, sull’abbacinante sfondo bianco degli interni, volutamente immacolati: un candore che si confermerà anche il filo conduttore cromatico di Villa Arabesque.

Cosparsa di dettagli ingenuamente spettacolari, la casa texana del Barone – esattamente come la sua vita – ricorda quella di certi personaggi dannunziani di inizio ‘900, come la Marchesa Casati, la contessa Potocka  o la Baronessa Deslandes.

Come quest’ultima amava circondarsi di un bestiario da favola, che comprendeva due cerbiatte e un rospo di nome Benoît (e arrivò persino ad offrirgli una perla da inghiottire per consolarlo dopo esser stato offeso da una visitatrice indelicata), così anche il Barone si circondava di uno zoo immaginifico. Nel suo caso il favorito era un serpente di nome Katharina, che richiamava il diletto (ma anche il rispetto) degli ospiti. Davanti alla sua gabbia di cristallo non era raro incrociare statisti, tycoon o personaggi del mondo dello spettacolo come Luciano Pavarotti, che si narra si prestò al gioco del Barone intonando una sera il proprio canto in onore del rettile.

Un piccolo assaggio dei gesti plateali e decadenti che pochi anni dopo diverranno il pane quotidiano della coppia a Villa Arabesque. Un esempio per tutti? Il giorno della festa di inaugurazione della casa di Acapulco il marmo del pavimento non era ancora stato posato. Sandra di Portanova non si scompose: lo fece interamente ricoprire di fronde fiorite di Bouganville, una scelta forse poco ecologica ma decisamente decadente.

Non sapevo come immaginarmi gli interni della casa di River Oaks e il suo bizzarro giardino coperto, finché ieri sera, istigato da una pericolosa gang di amici cinefili, ho visto per la prima volta il film “Improvvisamente l’estate scorsa” di Joseph L. Mankiewicz, del 1959. Le scenografie costruite da Oliver Messel per cucire addosso all’impeccabile Katharine Hepburn il ruolo dell’eccentrica Violet Venable erano così dense di analogie con la casa del Barone che mi è quasi andata di traverso la macedonia di mango che stavo gustandomi davanti allo schermo: non solo servi muti a foggia di mori e oggetti di gusto sfacciatamente diportanoviano ingombravano ogni angolo del set, ma anche a Villa Venable un giardino tropicale aveva trasfigurato l’intero back yard, facendomi ipotizzare che proprio in questa pellicola sia racchiusa una possibile fonte di ispirazione del Barone …o forse soltanto una banale coincidenza, apparsami più curiosa alla vigilia della pubblicazione di questo articolo.

Tradurre i sogni in realtà sembrava una vera ragione di vita per il Barone, non solo nelle proprie abitazioni, ma in tutte le proprie performance mondane. Così, nelle sue indimenticabili feste, il confine tra il guizzo visionario e la realtà finivano spesso per coincidere: dal ricevimento di Natale con cori gospel e cammelli in libertà nel giardino, fino alle cene più intime, in cui Ricky, abbigliato alla maniera di Luigi XV, riceveva gli ospiti cucinando lui stesso le sue celebri tagliatelle al caviale fiammate al fuoco di un vino di cui ad ogni nuova annata disegnava personalmente le etichette.

La casa di Houston, pur non essendo la prediletta del barone, quanto lo sarà più tardi Villa Arabesque, mantiene comunque un ruolo cruciale nella sua saga: è stata infatti complice della sua ascesa, ma anche il triste scenario della fine della sua favola e di quella di Sandra, che vi sono entrambi deceduti nel 2000. Meredith Etherington-Smith, editor del Christie’s Magazine, li ricorda nel pre-lot text che accompagna uno dei lotti provenienti dalla casa di River Oaks: “To their many, many friends all over the world, it is difficult to believe two such life-enhancers as Sandra and Ricky have given their last party and spoiled their last house guest”. Due anni dopo, spogliata di tutti gli arredi venduti all’asta, la casa è stata acquistata dagli attuali proprietari, Azar ed Ebrahim Delpassand.

Per saperne di più:

Francesco Catalano

Marketing manager per passione, interior designer per natura, blogger e autore per destino, vive tra un villaggio nel sud della Francia e l’Emilia Romagna. Direttore Marketing e Comunicazione di Novoceram, la più antica manifattura ceramica francese, studioso di marketing esperienziale e autore del primo libro sui Temporary Store. Accanto all’attività manageriale, svolge anche quella di interior designer nel suo studio dove applica i principi del marketing esperienziale alla progettazione di interni residenziali e commerciali. I suoi progetti hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui la prestigiosa Etoile dell’Observeur du Design.
www.francescocatalano.it

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